giovedì 2 ottobre 2014

I misteri del Circeo

Uomini e Iene

Attraversando il Lazio meridionale non si può non notare la sagoma del Circeo emergere imperiosa dall'agro pontino.
Sembra un'isola.
E infatti lo era. Milioni di anni fa era una isoletta del mar Tirreno. Poi, sapete com'è, col gioco dei depositi alluvionali dei fiumi laziali e l'alzarsi e abbassarsi del livello del mare, la costa ha raggiunto il Monte.

Dopo queste peripezie geologiche, in tempi più vicini a noi, è stato l'habitat di piante, animali e anche di Neanderthaliani.
Lo sappiamo per certo perché nel 1939, in una delle sue numerose grotte, la Guattari, il paleontologo Alberto Carlo Blanc, ha scoperto un cranio, di uomo di Neanderthal, appunto.


Analizzandolo per bene, si è scoperto che il foro alla base, dove si innesta la colonna vertebrale, era stato forzato e allargato. Come se, per ipotesi, qualcuno avesse voluto prelevare il cervello, proprio come fanno i cannibali per mangiarselo.
Una ipotesi da far accapponare la pelle che, come tutto quello che incute terrore, prese piede subito.

Passati cinquant'anni, nel 1989, studi più attenti hanno fatto notare che i graffi, segni e morsi, sono compatibili con quelli di una iena, che avrebbe banchettato con la testa del povero neanderthal.
La comunità scientifica è unanime su questa versione.
Le pietre trovate in cerchio attorno al teschio sarebbero solo un caso o, una messa in scena di qualcuno per dare peso a questa versione che cattura facilmente l'attenzione di una platea distratta.
Sapete come vanno le cose, il Parco Nazionale era stato da poco istituito per salvaguardare quello che rimaneva delle paludi, delle dune, della macchia, nella piana pontina da poco bonificata.

Recentemente una persona si è mostrata scettica sull'opinione corrente, lo scrittore vivente più famoso dell'Agro Pontino, Antonio Pennacchi, che con la sua ottima penna, acuta e spesso velenosa, ha riproposto con veemenza la tesi del cannibalismo, con il suo libro "Le iene del Circeo"  (Laterza) tirandosi dietro le ire della comunità scientifica tutta.


Il povero Neanderthal sarà stato ucciso e mangiato da un "collega" o da una iena? O entrambe le cose?

Un motivo in più per visitare il Parco Nazionale del Circeo con occhio diverso
magari con noi

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mercoledì 24 settembre 2014

Una domenica nei Simbruini

L'escursione di Domenica nei Simbruni


Come pianificato domenica scorsa siamo andati a raggiungere la cima del Monte Tarino.


A dire il vero l'escursione, programmata da tempo, è stata in forse fino all'ultimo. Fino alle 13 del Sabato, infatti, si erano prenotati solo 2 soci, più un terzo in forse...
Il meteo ballerino durante la settimana aveva dato in alternanza nuvole, pioggia o sole. Forse questo non ha aiutato.
Sabato mattina a Roma cadeva la pioggia.

Tutto lasciava presagire una gita annullata, quando spunta il sole in città.


Quindi segue una raffica di chiamate fino al pomeriggio.
Siamo arrivati così a formare un gruppo di una quindicina di persone.

Il percorso si snoda nel Parco Naturale Regionale dei Simbruini, al confine tra Lazio e Abruzzo. Uno dei più estesi della regione ed anche dei più alti. Come praticamente tutto l'Appennino, è di origine carsica, pieno di grotte e cavità naturali. D'inverno è ideale per belle uscite di sci-escursionismo e ciaspole.

Domenica sul presto arriviamo a Campo Rotondo, dopo una breve sosta al famoso bar di Cappadocia.

Campo Rotondo

Purtroppo al momento di prepararsi, uno dei soci scopre di avere dimenticato gli scarponi a casa!
Era uno degli autisti, non può più venire con noi in gita. Per fortuna c'è modo stringerci un po' nelle altre macchine e può tornare a Roma senza doverci aspettare fino al pomeriggio.

Si cominicia, in discesa, lungo la sterrata che porta al Santuario della S.S. Trinità, salvo uscire per una scorciatoia ed arrivare al confine tra Vallepietra (RM) e Cappadocia (AQ), proseguiamo per il Fosso Fioio, fino al punto più basso della escursione (1250) e si comincia a salire.
La Langara e le sue mucche

Faggio
Attraversiamo la bella valle della Langara, ricca si acqua, di fontanili e verdissima. Troviamo alcune mucche tranquille al pascolo, ma nessun cavallo come le altre volte.
Proseguiamo ancora per il Fontanile Campitelli e ci inoltriamo nel bosco per la salita di giornata.

Il sentiero nel bosco è ben segnato dalle familiari tracce bianco rosse del CAI.
Sulla salita, nelle radure di bosco aperte al sole, spuntano moltissime piantine di fragole di bosco, ma di queste nemmeno l'ombra. Li per li pensiamo che la stagione piovosa e poco calda ne abbia rallentato la crescita.

Saliamo un altro poco e incontriamo un grosso gruppo di escursionisti un po' rumorosi, sono del CAI di Latina: ecco chi ha razziato tutte le fragole!
Sono più lenti di noi e cerchiamo di superarli nel momento di una loro pausa, non ci riusciamo tutti, visto che il sentiero è stretto. Decidiamo di farli passare e accodarci, almeno fino al Pozzo della Neve, dove il bosco finisce e la vista sul Tarino è magnifica.

Non ci fermiamo più di tanto e proseguiamo per la vicina cima con l'ultimo sforzo.
Il tempo imbruttisce un po', le nuvole si addensano su di noi e sulla cima, tira un po' di vento ma fortunatamente non piove.
Mentre magiamo un meritato panino, riposiamo un po' e godiamo il panorama che compare e scompare sulla bella valle di Campo Ceraso.

Discesa dal Tarino
Si scedende un piccolo pezzetto per la stessa via dell'andata, ma prima di arrivare al Pozzo della Neve, si svolta a destra per il Vallone Ciociaro, boscosissimo, che ci porta fino al Campo Ceraso. E' segnato, ma poco, con delle vecchie tracce di bomboletta spray rosse e gialle, con del nastro bianco-rosso ormai sbiadito, ed il sentiero coperto di foglie è appena visibile.
Con nostra gioia, nella parte finale attraversiamo dei prati pieni di fragoline! Si vede che qui passano in pochi.


Cippo di confine
Seguiamo la sterrata di Campo Ceraso fino al cippo che porta a Fosso Fioio. Non lo imbocchiamo per non allungare troppo. Risaliamo un po' fino ad un secondo cippo e poi riprendiamo la sterrata che in saliscendi ci porta fino alla strada per il santuario, appena sotto le macchine, per chiudere l'anello.



Il Tarino visto dal Campo Ceraso

Alla prossima non mancate!

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mercoledì 17 settembre 2014

Da Campo Rotondo al Monte Tarino

Monte Tarino

Nel cuore dei Parco dei Monti Simbruini si innalza questa bella cima (1961) molto panoramica.

La cima del Tarino dal Pozzo della Neve
La catena dei Simbruini deriva il suo nome dal latino "sub imbribus", sotto le piogge.
Il nome non è molto beneaugurante per chi si accinge a percorrerlo a piedi, ma senz'altro è indice di una ambiente ricco di acqua e vegetazione!

La nostra vetta dunque si affaccia sul boscoso e bellissimo Campo Ceraso ed il Fosso Fioio verso Nord. Come spesso accade in Appennino, il versante Nord del Tarino scende a precipizio verticale, mentre quello a Sud degrada più dolcemente.

Tra i vari percorsi possibili, domenica 21 Settembre (2014) affronteremo la salita da Campo Rotondo di Cappadocia.

Arriveremo al confine tra Abruzzo e Lazio, seguiremo il Fosso Fioio e poi risaliremo per La Langara piena di fontanili e abbeveratoi, fino al Fontanile Campitelli, solitamente meta di cavalli assetati.

Fontanile Campitelli
La salita prosegue nel bosco di faggi delle Monnelli, il tratto più impegnativo della giornata, fino a sbucare al Pozzo della Neve (1800) dove, oltre la quota dei faggi il paesaggio si apre.
L'ultimo sprint e si arriva in cima (1961) dove potremo osservare tutto il complesso orografico che circonda i Simbruini.

La croce di vetta del Tarino













Panorama dalla cima
La discesa avverrà per il Vallone Ciociaro, giù fino a Campo Ceraso, dove una strada sterrata, ci riporterà verso Campo Rotondo.

Ecco il percorso su Google Earth

Da Campo Rotondo al Monte Tarino

mercoledì 30 luglio 2014

Il futuro del nostro pianeta

Non è un mistero per nessuno che l'Uomo sta sovrasfruttando il Pianeta Terra. Da alcuni anni stiamo consumando sempre più risorse che non sono più rinnovate.


L'acqua potabile è sempre più scarsa, i terreni arabili sono sempre più richiesti e si sta
pericolosamente deforestando e deserrtificando.
Una situazione non sostenibile a lungo, senza arrivare ad un punto critico molto pericoloso.

Che soluzioni sono state proposte fino ad ora?

Andare ad abitare un altro pianeta

Ce ne sono tantissimi nell'universo, ci sarà qualcuno in cui potremo andare a stabilirci. Peccato che per raggiungere solo la stella a noi più vicina occorrono più di 50 mila anni. Solo per andare a vedere com'è.


 

 

Terrestrizzare un pianeta vicino.

Si potrebbero inoculare cianobatteri, gli stessi che hanno permesso su questo pianeta di far sviluppare una atmosfera respirabile con ossigeno a sufficienza. Ma anche questa solozione richiede migliaia se non milioni di anni


 

Limitare le nascite

Sarebbe il modo tecnologicamente più semplice per abbassare il numero di abitanti, ma fin'ora non c'è riuscito nessun paese, democratico e non

Una soluzione diversa c'è.

Chi ci guarda da fuori nota, inevitabilmente, che la Terra è blu.
Blu intenso e profondo.
Sono gli Oceani che ricoprono la maggior parte della superficie della Terra.
E proprio da li che potrebbe arrivare la svolta.
 

Gli Oceani sono, infatti, capaci di fornirci di abbondante acqua dolce. Le tecnologie per desalinizzare l'acqua marina si stanno facendo via via sempre più economiche e sostenibili, e presto forniranno il 14% dell'acqua potabile mondiale.

Dal mare potremmo trovare nutrimento attraverso l'acquacultura, gli allevamenti di pesci. Si stanno selezionando specie di pesci che meglio si prestano all'allevamento, in termini di resa e qualità delle carni, e soprattutto si cerca di rendere sostenibile l'acquacultura sia allevando, insieme, più specie che possano convivere provvedendo a recuperare scarti e pulire, nonchè mettere ad acquacultura anche macroalghe da dare in pasto ai pesci di allevamento. Creare cioè una intera filiera che sia sostenibile ed ad impatto minimo.

L'Oceano ci darebbe anche fonti energetiche, sfruttando la forza delle maree, la forza delle onde, l'energia eolica con pale off-shore

Queste e molte alte proposte le potrete trovare Ocean Solution - Coursera  organizzato dall'università Australiana
e ospitato sulla piattaforma di apprendimento gratuito on-line Coursera


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domenica 27 luglio 2014

"Longitudine. Come un genio solitario cambiò la storia della navigazione" - Dava Sobel -  BUR

La giornalista statunitense, Dava Sobel, ottima divulgatrice scientifica, si cimenta con il racconto di come l’uomo abbia cercato per secoli il modo di calcolare la Longitudine per potergli permettere di navigare senza pericolo per i mari di tutto il mondo.

L’autrice ci narra l’avvincente storia, dai primi tentativi non riusciti, fino all'impresa del grande John Harrison che riuscì a spuntarla dopo decenni di studi, sperimentazioni e lotte contro i concorrenti astronomi.

Malgrado il tema possa sembrare arido, dietro si nasconde una bellissima e interessante storia della nostra umanità, raccontata magnificamente.

Longitudine





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martedì 8 luglio 2014

Cascate di Castel Giuliano

Vicinissimo a Roma delle meravigliose cascate 

Bracciano e Cerveteri sono uniti da una bellissima zona vulcanica-tufacea, sulle cui rocce impermeabili scorre un dedalo di fiumiciattoli e cascatelle.

Il Fosso della Mola scorrendo verso il mare, appena dopo Castel Giuliano, si incanala in un boscosissimo tratto. Qui si incontrano degli spettacolari ed altissimi salti d'acqua, con delle grandi pozze, dove è possibile rinfrescarsi e farsi il bagno.

Il percorso che affronteremo parte dal piccolo villaggio agricolo di Castel Giuliano, dominato dal Palazzo Patrizi, una dimora Seicentesca, con un importante giardino che ospita a primavera la "Festa delle Rose".

Cominceremo scendendo lungo il Fosso della Mola, incontrando i resti di un ponte, ciò che rimane di una antica strada che portava verso Cerveteri.

Appena sotto il ponte, la prima imponente Cascata Superiore, che ammireremo dall'alto prima e poi dopo un breve tratto, dalla base.
Proseguiremo nel fitto del bosco e raggiungeremo il Fosso la Guardia che risaliremo pochi metri, per arrivare alla Cascata dell'Ospedaletto.
Si prosegue lungo il percorso incontrando altre cascate, alcune con ampie pozze in cui ci si può immergere.






Lungo il cammino si incontrano diversi resti in muratura. Sono ciò che rimane delle ferriere papali in funzione fino al Cinquecento.

Qui venivano bruciate le rocce metallifere per estrarre il ferro fuso. La spinta dell'acqua del corso del fiume era usata per muovere i mantici che alimentavano i fuochi.

Terminata la discesa, si arriva ad una antica cava di pietra in disuso, si guada il fiume e si comincia a risalire.


Si passa tra il Belvedere del Principe ed il Monte Lungo, continuando a salire nel bosco ombreggiato.
Un breve tratto di discesa ci porterà al vecchio ponte sul Fosso della Caldara.






Si risale ancora un tratto fino a chiudere l'anello un chilometro prima di Castel Giuliano.

Vuoi partecipare alla gita? Clicca qui
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domenica 6 luglio 2014

Si fa presto a dire Longitudine

Come si è arrivati a misurare la Longitudine


Come ben saprete, per individuare esattamente la propria posizione sulla Terra, occorre conoscere due valori: Latitudine e Longitudine. E lo si sa da millenni.
Con queste due coordinate si riesce, come una battaglia navale, a segnare la propria posizione molto semplicemente.

Oggi è molto facile ricavarli, basta un GPS dei telefonini da pochi euro. Molto semplice, anche se dietro c'è un complessissimo e costoso sistema di satelliti artificiali, algoritmi matematici ed apparecchi ricevitori sofisticati.

Ma come ci si è arrivati?

Già dai tempi dei Fenici si conosceva e misurava la Latitudine osservando l'altezza del Sole a mezzogiorno, semplicemente contando il numero di dita tra l'orizzonte ed il sole, oppure di notte l'altezza della stella polare.
Utilissima per i primi marinai che riuscivano, in un mare relativamente piccolo come il Mediterraneo, a sfruttarla come aiuto per le loro navigazioni.
Conoscevano bene gli estremi della Latitudine ed assegnarono 0 all'Equatore e 90 al polo nord.


Invece la Longitudine è sempre stata difficile da misurare. Ci si era resi conto che man mano che di spostava ad Ovest il mezzogiorno arrivava sempre più tardi (oppure verso Est, arrivava prima)
Si aveva, sulla terraferma una idea di queste linee ideali, non molto precisa.
Infatti quando Eratostene stimò la misura del raggio della terra, misurò la lunghezza dell'ombra a mezzogiorno, in due punti a latitudine diversa, ma con la stessa longitudine: Alessandria e Assuan.
La misura risultò molto precisa, e l'errore di soli 500 km su 40mila era dovuto principalmente proprio al fatto che Alessandria ed Assuan non sono esattamente sulla stessa Longitudine.

Dopo la scoperta dell'America, sono cominciati i viaggi oceanici, dove l'assenza di riferimenti alla linea costiera, rende il viaggio molto complesso, specie ritrovare le isole come le Azzorre dove fare rifornimento di acqua potabile e verdure fresche per non morire disidratati o di scorbuto.

Come facevano i marinai a non perdersi nel vastissimo oceano?

Si muovevano sostanzialmente lungo i paralleli, tenendo sott'occhio cioè l'altezza delle stelle per mantenere la latitudine fissa.
In questo modo si arrivava alla meta, senz'altro non percorrendo le rotte più efficienti, ma soprattutto con un grosso inconveniente: malgrado l'oceano vastissimo, c'erano di fatto poche rotte percorribili, dove si affollavano le carovane di galeoni e di... corsari!

La rotta di Colombo nel suo primo viaggio

Dal '500 è diventato più pressante il problema del calcolo dell Longitudine per permettere viaggi sicuri ed efficienti. Ci si sono cimentati tantissimi scienziati, da Galileo a Newton e moltissimi altri. Per secoli.

Tanto che sia arriva nel 1714 quando il governo inglese promulgò il Logitude Act con il quale prometteva una ricompensa faraonica a chiunque trovasse un metodo per ricavare la longitudine in barca.

Torniamo al Cinquecento, presto si sono identificate nella caccia al meridiano, due strategie:

  • La via astronomica
  • La misura del tempo



La via delle stelle

Galileo, Giove e le sue lune
Una prima soluzione astronomica prevedeva la misura della posizione della Luna rispetto alle stelle, ma il metodo era troppo rozzo ed impreciso.
Galileo Galilei, il primo dei grandi a scendere in campo, col suo cannocchiale osserva le lune di Giove. Si accorge che scorrono con regolarità. Osservando il movimento delle lune e con una serie di calcoli  si riusciva a stimare la longitudine. Metodo ottimo, ma poco praticabile in barca. Galileo provvide a progettare una specie di casco che permettesse di aiutare ad inquadrare Giove, ma in barca si "balla" troppo e non si riescono a compiere calcoli precisi.

La via astronomica di Galileo si è molto affinata in seguito permettendo di ricavare misure molto precise della longitudine, ma a terra. Le mappe furono tutte corrette alla luce delle nuove misure precise. Ai tempi di Luigi XIV si rimisurò la Francia e si scoprì che era più piccola di quanto si credesse, tanto che il Re disse "Gli astronomi mi hanno sottratto più territori di tutti i miei nemici in guerra!"
Ha avuto anche conseguenze, con misure sempre più precise ci si è accorti che le eclissi delle lune di Giove tendevano ad anticipare o ritardare nel momento in cui Giove era vicino oppure lontano dalla Terra: dipendeva dalla velocità della luce! Così ci fu una prima stima della velocità con cui propaga la luce.

Rimaneva impraticabile ancora la via delle lune di Giove, ma piano piano si cercava di confrontare la posizione della Luna rispetto alle stelle "fisse". Misura resa difficile dalla imprevedibilità della posizione della Luna. Grazie al modello astronomico di Isaac Newton si cominciò a stimare e prevedere la posizione relativa Terra, Luna e Sole, espressa con eleganti equazioni di Leonhard Eulero.



Così si arriva, dopo decenni di misure su misure delle posizioni delle stelle e della Luna, registrate in osservatori astronomici fatti costruire proprio a tali scopi, come l'osservatorio di Greenwich, alla pubblicazione di Almanacchi della posizione delle stelle e della luna ad uso dei marinai, con tabelle di Effemeridi che andavano aggiornate periodicamente, perché valide solo in certi anni.


L'orologio

Il pisano Galileo ha dato il suo contributo anche per la soluzione con gli orologi, facendo studi sul moto dei pendoli da utilizzare per la misura del tempo. Poi meglio sviluppati dal'Olandese Christiaan Huygens. Grazie ad un orologio preciso si poteva misurare la longitudine confrontando il mezzogiorno solare (quando il sole è al punto massimo) con il mezzogiorno dell'orologio: infatti ad ogni 4 minuti di differenza tra le due suddette ore, corrisponde un grado di Longitudine.
Il problema dell'orologio a pendolo è che in mare, con lo sballottamento, perde di regolarità. In mare i cambi di temperatura e umidità fanno dilatare o restringere i metalli e la regolarità va a farsi benedire.

In questo campo una grandissima spinta fu dovuta al solitario John Harrison, un falegname autodidatta che introdusse tantissime innovazioni, alla ricerca dell'orologio più preciso possibile, poco sensibile ai movimenti ed alle dure sollecitazioni della vita in mare.

Con cinquant'anni e più di attività di ricerca riuscì a creare degli orologi la cui precisione andava ben oltre quella degli orologi comuni, ed alla fine sufficiente ad aiutare i marinai.

I modelli che produsse Harrison furono nominati H1, H2, H3, H4 e l'ultimo H5. Prodotti in una vita di attività di ricerca, come modelli unici, costosissimi ma capostipiti di generazioni di altri cronometri.

La sfida per il premio

Il ricchissimo premio del Longitude Act faceva gola a tutti, per tanto la lotta per accaparrarselo è stata sempre dura, specie per gli "orologiai" visto che la commissione era composta da astronomi, alcuni dei quali erano anche portatori di soluzioni concorrenti. Si possono comprendere così le grandi difficoltà ed ostacoli che John Harrison dovette subire prima di vedere accettato, seppur parzialmente, la sua sudata soluzione quando ormai era anziano e più che ottantenne. Alla lunga, anzi lunghissima, è riuscito finalmente a prevalere.

Il Capitano Cook

Il famoso capitano inglese, navigatore dei mari del Sud, fu uno dei primi a voler sperimentare la tecnica degli orologi, confrontando decine Cronometri con le tabelle degli Almanacchi Nautici. Grande entusiasmo da parte sua, dichiarò apertamente la superiorità, praticità e affidabilità degli orologi.
Così si dette l'avvio alla creazione di cronometri che fossero precisi ma anche con costi affrontabili dalle compagnie di navigazione.

Grazie a questi cronometri gli inglesi poterono navigare con assoluta padronanza dei mari, diventando la potenza internazionale dominante nell'Ottocento.


Riferimenti:

Sobel Dava - "Longitudine - Come un genio solitario cambiò la storia della navigazione" , BUR










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venerdì 27 giugno 2014

Parchi e Riserve del Lazio - Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci

Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci

Tra Parchi Nazionali e Regionali, Riserve Naturali Statali e Regionali, Aree Naturali Marine Protette e Monumenti Naturali, il Lazio conta ben 77 siti!

Abbiamo di che visitare!

Dopo i precedenti post sui sulla Riserva Naturale di Nazzano Tevere-Farfa , ed i Simbruini,  proseguiamo con il Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci.

Gli Aurunci con vista su Gaeta (da http://www.prolocoveroli.it/)

Gli Aurunci erano una antica popolazione Osca, affine ai Sanniti con i quali condivideva la vita dura di montagna. Proprio questa popolazione, ha dato il nome ai Monti, che insieme ai Lepini ed agli Ausoni formano la catena pre-appenninaca dei Volsci.

La Mappa del Parco
Dal 1997 è stato creato il Parco dei Monti Aurunci, per progeggere questa bellissima area naturale, quella più a sud del Lazio.
Il tetto del Parco è il Monte Petrella (1533 mt), ai piedi del quale si possono trovare percorsi più o meno impegnativi attraverso il bosco misto, tipico dell’appennino, le faggete, fiumi, santuari, bellissime fioriture e per i più fortunati, avvistare qualche animale selvatico gironzolare.

Il parco è anche attraversato dalla via Appia, di cui si conserva un tratto ben conservato, tra Itri e Fondi, restaurato recentemente nel 2002.

http://www.parcoaurunci.it



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martedì 24 giugno 2014

Bella giornata domenica sul San Franco

Nel primo giorno d'Estate una bella giornata sul San Franco

Come promesso (vedi qui) il gruppo folto si è cimentato in una escursione attorno e sul Monte più occidentale del Gran Sasso.
Dal Ponte delle Lame, al rifugio Panepucci, fino alla cima del monte, godendo di bellissimi paesaggi sul Gran Sasso ancora innevato, la bella Laga, la netta piramide del Velino, e decine di altre cime!

Fioriture di magnifiche Peonie Selvatiche
I bellissimi fiori di peonie selvatiche, nella parte più bassa e coperta, e migliaia di fiori di montagna, coloratissimi, nella parte più alta, ci hanno accompagnato fino alla cima.

Genziana
Qui un link ad una piccola raccolta di foto

Ed ecco un resoconto dettagliato, gentilmente inviato da Stefano:


Alla prossima escursione!

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domenica 15 giugno 2014

DedaloTrek a Portofino

Dedalo Trek organizza dal 26 al 28 Settembre un week end lungo nel Parco Naturale Regionale ed Area Marina Protetta del promontorio di Portofino.



I pernotti sono previsti in rifugio; costo per la mezza pensione è di 60€ a persona al giorno (per due pernotti) escluse le bevande, lenzuola ed asciugamani inclusi. 
La quota di partecipazione non comprende le spese di viaggio, che si effettuerà con treno e traghetto. Il costo stimato del viaggio con andata in cuccetta (partenza giovedì 25 notte) e ritorno posto a sedere è di circa 100€.
Quota di partecipazione per i soci FederTrek: 35€.
Escursioni di difficoltà E con brevi tratti EE.
Per le persone interessate è possibile organizzare una visita guidata presso l’Abbazia di San Fruttuoso, uno dei beni del FAI.

È richiesto un anticipo di 50€. Le iscrizioni si intendono confermate solo al ricevimento dell’anticipo. 

Il rifugio è piccolo e ci sono pochi posti…. Ed il promontorio è FANTASTICO!! Fate un po’ voi…

Contattare: AEV Monica PACE – esclusivamente per posta elettronica: moki_karibu@hotmail.com fino al 20 Giugno; dal 21 Giugno anche al 333/1217850. Le iscrizioni si chiudono il 29 Giugno per accordi con il rifugio.

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sabato 14 giugno 2014

Quant’è vecchio il nostro mondo?

La misura dell’età della Terra e le sue imprevedibili conseguenze.

Questa domanda ha assillato la scienza per un lunghissimo periodo. Nessuno per millenni ha saputo dare una spiegazione convincente che trovasse unanime consenso.


Una delle prime ipotesi è venuta dalla Bibbia. Qualcuno leggendo attentamente il testo ha dedotto che il nostro pianeta dovesse avere quattromila anni.
Questa ipotesi è stata smentita prestissimo dalle evidenze geologiche.
Naturalmente proprio i geologi si sono scatenati nel calcolo, nei modi più impensabili... Per esempio valutando la salinità del mare e valutando l’apporto annuo di sali che arrivano dai fiumi si sarebbe potuta fornire una stima. Peccato che nessuno sappia stimare né l’uno né l’altro.



Lord KelvinPer anni hanno fioccato cifre praticamente a casaccio: da migliaia a milioni di anni.
Uno dei più accaniti studiosi dell’età della terra è stato il grande Lord Kelvin, padre della Termodinamica, che fino all'ultimo istante di vita ha difeso la sua stima (80 milioni) ritenendola il principale suo contributo alla scienza.

Piano piano sono emersi nuovi metodi, tra cui il famoso Carbonio 14.
Di che si tratta?


In breve succede questo: nell'atmosfera si trova una certa percentuale di questo isotopo (è un Carbonio con dei neutroni in più). Le sostanze organiche lo assorbono finché sono in vita. Appena muoiono, come per gli orologi da polso nei peggiori film gialli, fermano l’assorbimento.
Il Carbonio 14 intrappolato comincia a decadere, con un certo tempo di dimezzamento (5mila anni circa), quindi misurandone la quantità rimasta si può stimare l’età di un reperto.

Ma il metodo del carbonio ha dei problemi:
- la quantià di Carbonio presente in atmosfera cambia nel tempo;
- il tempo di dimezzamento è un valore medio statistico, quindi va bene per grandi quantità, ma nel caso di reperti con pochi atomi, perde molto di precisione (è come sbagliare di un euro su mille, oppure di un euro su due)
- è facile contaminare i reperti;
- la misura non riesce a stimare molto indietro nel tempo. Quindi non va bene per il calcolo dell’età della terra.

Gli scienziati non si sono dati per vinti. Hanno sondato altri metodi, tra cui lo studio della decadenza del piombo.
E qui si è fatta una scoperta importante, con conseguenze per la nostra salute.

Ovunque Clair Patterson, uno scienziato americano, cercasse campioni di materiale antico, continuava a trovare presenza di piombo. Piombo dappertutto.

Perché?

Negli anni venti, tale Thomas Midgley Junior, ha scoperto che il piombo comportava degli ottimi miglioramenti nelle prestazioni dei motori a scoppio. Da allora le auto (ed altri motori) hanno cominciato ad essere alimentati con carburante arricchito di questo metallo.
Studi di carotaggi delle calotte polari, ha mostrato che nel volgere di pochi anni, da zero, una cappa di piombo ha ricoperto il pianeta.
Siamo stati noi.

Il piombo è un materiale molto tossico, che una volta assimilato non esce più dal nostro organismo, accumulandosi e intossicandoci. Provoca danni irreversibili, che portano fino alla morte.
Patterson ha così avviato una campagna di sensibilizzazione al problema che si è presto trasformata in molti anni di battaglie e scontri durissimi con i potenti produttori di piombo, convinti negazionisti dei danni che procurava il piombo, che sono arrivati a farlo licenziare e bandire.
Solo negli anni ‘90 si è giunti finalmente al bando del piombo ed a dare pienamente ragione allo scienziato.
(sembra un film già visto e che ci toccherà rivedere, temo).

Ma torniamo al nostro problema, l’età della terra.
A Clair Patterson è venuto in mente di utilizzare come campione da misurare i meteoriti, quanto di più simile ai corpi che hanno formato il nostro pianeta.

E così si è calcolata la cifra di 4,6 miliardi di anni che fino ad oggi non è stata più ritoccata.

Per inciso, il benedetto Thomas Midgley Junior è anche lo scopritore dei CFC, i micidiali gas usati nei frigo e negli spray, molto stabili, terribilmente stabili, capaci di “mangiarsi” il sottile strato di ozono che ci protegge dai micidiali raggi uv, che per qualche miliardo di anni hanno relegato la vita solo all'acqua, almeno fino a quando l’ossigeno delle piante non ha creato l’ombrello di ozono.

Rif.
"Breve storia di (quasi) tutto" - Bill Bryson - Tea e qui


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sabato 7 giugno 2014

L'anello del San Franco

Un panoramico giro sul Monte San Franco

Nel bel mezzo del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, una delle ultime propaggini occidentali del Gran Sasso è il panoramico Monte San Franco.

La sua cresta corre in direzione Ovest-Est, dalla Statale 80 del Passo delle Capannelle, fino alla magnifica sella del Belvedere, sotto il Monte Jenca.

Il Monte deve il suo nome a San Franco da Assergi, un monaco benedettino eremita del secolo XII, abruzzese, che ha passato gran parte della sua vita in giro per le montagne dell'Appennino, cibandosi di quello che la natura offriva ( "Into the Wild"  antelitteram), si è ritirato a vivere proprio ai piedi del monte. Tra i suoi miracoli avrebbe fatto scaturire l'acqua da una sorgente, che tutt'ora i fedeli vengono a bere. Pare che in vita già fosse venerato, tanto che cambiava spesso eremitaggio proprio per fuggire alla folla che lo cercava.

Il percorso di giornata prevede un dislivello di circa 900 metri. Inizialmente seguiremo il sentiero a Nord del monte, passando in un boschetto ombroso, salendo lentamente fino ad arrivare ad un tratto di salita più impegnativo che ci porterà al rifugio CAI Panepucci (1660).

Da qui comincia la magnifica vista sul Monte Corvo, Jenca, Pizzo di Camarda e la Valle del Paradiso.

Proseguendo si arriva all'affaccio del Belvedere (1789) che separa il San Franco dal monte Jenca.
Risaliremo lungo la Cresta di Rotigliano, fino ad arrivare alla cima 2132.

Il percorso ed il profilo altimetrico (da Google Earth)
Il panorama della cresta e della cima spazia grandioso sulle montagne abruzzesi, laziali e marchigiane e sul Lago di Campotosto (il più grande bacino artificiale d'Europa).
Si scende rapidamente lungo la cresta ovest, passando per l'antica cava di Pietra fino al ritorno al parcheggio.

Per i dettagli su orari, appuntamenti, etc cliccate su La gita su DedaloTrek.it

Riferimenti:
http://www.lagagransasso.it/gs/m_s_franco.htm
Santi e Beati: San Franco

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venerdì 6 giugno 2014