martedì 21 ottobre 2014

Escursione in Val Canneto, Parco Nazionale Abruzzo Lazio e Molise

Una escursione nel Parco Nazionale d'Abruzzo in questo caldissimo autunno

Approfittiamo della bellissima giornata di questo insolitamente caldo e soleggiato autunno per andare a fare una escursione nel Parco Nazionale di Abruzzo Lazio e Molise.
La piazza di Settefrati (FR)

Dopo il bellissimo paesino di Settefrati (FR) proseguiamo verso il santuario della Val Canneto. Al parcheggione dei pellegrini, oggi vuoto, lasciamo la macchina e ci incamminiamo per il sentiero (1012).

Percorriamo la bella Val Canneto da sud a nord per qualche chilometro, fino al Casone Bartolomucci (1332), una grossa costruzione in pietra bianca. La strada è facile, ampia, sale lentamente di 300 metri in quasi 4km.



In valle l'autunno comincia ad arrivare, si vedono le prime foglie gialle. I colori caldi autunnali fanno capolino





Dopo una titubanza, dovuta alle incongruenze tra le cartine ed il terreno, ci inoltriamo del bosco fitto di faggi dalla Fonte Acquanera (1326) nella Mandra delle Vacche. Qui la strada si fa molto più ripida, seguiamo delle vecchie tracce, fino a incrociare il sentiero nuovo, segnato con il familiare bianco-rosso del CAI. I segnali sono pochi e tocca fare un po' di sforzo per individuarli.
Proseguiamo la salita fino a quota 1840, fuori dal bosco, su una piccola radura dove riprendiamo fiato.

Saliamo un altro pezzetto fino ad arrivare alla cresta che corre Sud.Nord da Rocca Altiera-Valico delle Portelle fino al Valico delle Gravare.




L'intenzione era quella di proseguire fino a Rocca Altiera, per aggiungere una tacca in più alla collezione dei "2000", purtroppo si stanno addensando delle nuvole, che rimangono alte, ma sono proprio sulla cima della Rocca.
L'idea di salire su questa imponente e rocciosa cima, nella nebbia, scoraggia il gruppo. Si decide di rimanere più bassi e percorrere tutta la cresta fino a Monte Irto.
Si tratta di un giro ampio e molto panoramico.

La Camosciara dalla cresta verso il Monte Irto

Valico delle Portelle e Rocca Altiera

Monte Petroso dalla cima del Monte Irto

Si gode una vista superba, in senso orario da Sud:
Valico delle Portelle e Rocca Altiera, Valle Fischia, Monte San Marcello, Valico delle Gravare, Monte della Corte, Marsicano, Camosciara e Petroso.

Percorriamo la cresta che separa la Mandra delle Vacche dal Fondillo di Settefrati, deviamo verso Est per raggiungere la cima del Monte Irto (1960). Lungo il saliscendo di questa cresta incontriamo diversi camosci, affacciati sulla Val Fondillo che ci scrutano curiosi.



L'ultima parte prima di arrivare alla cima del monte è indubbiamente irta, ma la discesa verso il Valico di Passaggio dell'Orso lo è altrettanto.
Rapidamente si perde quota fino a inoltrarci nella faggeta, camminando su un tappeto folto di foglie di faggio, rosse e scricchiolanti.

Valico Passaggio dell'Orso
Il valico di Passaggio dell'Orso (1672) separa la Val Fondillo (a Nord Ovest) e i  Tre Confini (a Sud Est).
Continuiamo a scendere fino ai Tre Confini (1496) e quindi proseguiamo per la meravigliosa Valle dei Tre Confini che scende lentamente, costeggiando un fiume ora secco, tra prati, faggi e le pendici del Monte Mari (a Ovest) e Petroso a Est.


Si scende lentamente fino a tornare al Casone Bartolomucci ed arrivare alle macchine.


Questa variante ci ha fatto allungare un bel po' di strada. Abbiamo camminato per 8 ore circa, per più di 21 Km, siamo arrivati con il buio, stanchi ma soddisfatti!




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venerdì 10 ottobre 2014

Le 10 cose che non devono mancare mai nello Zaino del Bravo Escursionista

Cosa portare con sé in escursione

Lo zaino che ci trasciniamo nelle nostre escursioni, come dobbiamo riempirlo per avere il minimo del peso ed il massimo dell'utilità?
Ecco qui una lista delle cose indispensabili per lo zaino in versione estiva

1) Farci sentire: fischietto (in caso di smarrimento permette di farci sentire da molto lontano)
2) Tornare a casa: cartina della zona da visitare, bussola, altimetro


3) Emergenze: numeri del soccorso, coltellino svizzero, nastro da idraulico grigio, qualche pezzetto di cordino


4) Rifiuti: busta di plastica per spazzatura (propria e altrui)


5) Buio: fiammiferi (possibilmente quelli anti vento), candela, lampada frontale con batterie di ricambio

 


6) Sole: occhiali da sole, crema e cappellino (per difenderci dalle radiazioni UV)
  


7) Freddo: cappello e guanti di lana, un pile (in montagna è facile che il tempo cambi all'improvviso o che si alzi un vento freddo)


8) Pioggia: giacca antivento/pioggia, copri zaino impermeabile


9) Salute: kit primo soccorso, con i medicinali non scaduti!



10) Alimentazione: acqua, cibo


Infine non dimenticate un ricambio completo asciutto, da lasciare in macchina.

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mercoledì 8 ottobre 2014

Attezzatura del bravo escursionista

Cosa ci portiamo in escursione?

Scarpe adatte. E' la cosa più importante. Delle scarpe con suola antiscivolo, in gomma vulcanizzata come Vibram, per esempio. Alte alla caviglia. Magari traspiranti e impermeabili all'acqua, almeno per un po', prima di cedere e far passare l'acqua.


Perché sono importanti? La nostra attività principale è camminare, quindi i piedi sono molto sollecitati. Inoltre si procede su terreno impervio, a volte sassoso, a volte fangoso e scivoloso.
Le scarpe adatte riescono ad abbassare la probabilità di farsi del male cadendo o slogandosi.
Nel caso di infortunio agli arti inferiori, il soggetto colpito potrebbe non essere più in grado di camminare da solo per tornare alle macchine.

E come si fa allora?

Si devono chiamare i soccorsi, far venire ambulanze, personale che in barella avvicini la persona alla strada o ad una piazzola per l'elicottero.
Come ben capite i problemi che si possono creare sono tanti, non solo per sé, ma per il resto del gruppo e per il soccorso.

Quindi attrezzatevi di scarpe buone! Non azzerano la probabilità di infortunio, ma per lo meno la abbassano.

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Circeo 5 Ottobre 2014

Superlativa escursione nel Parco Nazionale del Circe

La cresta del Circeo non delude mai

Il bellissimo e variegato Parco del Circeo è un dei più vecchi parchi nazionali italiani. Istituito per difendere quello che rimaneva dell'ambiente della palude pontina, dopo la bonifica.
Il suo territorio comprende quattro lagune, una selva e l'intero Monte Circeo.

Il Monte Circeo dalla spiaggia di Sabaudia
Ecco chi si gode il panorama
Proprio su quest'ultimo ci siamo avventurati domenica scorsa (link) con un piccolo gruppetto.
Da Torre Paola ci siamo inoltrati nel fitto e ripido bosco del "Quarto Freddo", fino a risalire alla cresta, molto panoramica.
Si gode una magnifica vista sulla lunga mezzaluna di sabbia dorata di Sabaudia, sulle lagune, il bellissimo mare del promontorio, le Isole Pontine.

Circondati da vegetazione mediterranea (Mirto, Lentisco, Corbezzolo, Erica etc) da lato ovest, il "Quarto Caldo" e alberi di Lecci, Roverelle etc dal lato opposto, che si incontrano proprio sul crinale.
Il sentiero sale ripido, spesso bisogna aiutarsi con le mani per superare qualche roccetta.

La prima meta è la cima più bassa, da cui si gode la vista superba sulla meta finale. A ovest uno strapiombo verso il mare, a est la distesa verde del lecceto, di fronte l'imponente e impressionante mole de monte ancora da scalare.



Una breve discesa e poi si ricomincia a salire, nel tratto più impegnativo, si deve prestare attenzione.
Finalmente in cima.
Qui la vista spazia su tutto il Lazio Meridionale, il Tirreno e le isole pontine.
Dalla cima verso Sud

Vale proprio la pena salire fin qui.
Per la discesa, altrettanto impegnativa, abbiamo effettuato il percorso a ritroso fino alla spiaggia, tra la vegetazione della cresta e la vista sul promontorio





La temperatura dell'aria e dell'acqua ci hanno permesso di concludere in bellezza con un bagno a mare del tutto fuori stagione!

Ci lascia un grande ricordo questo Circeo


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giovedì 2 ottobre 2014

I misteri del Circeo

Uomini e Iene

Attraversando il Lazio meridionale non si può non notare la sagoma del Circeo emergere imperiosa dall'agro pontino.
Sembra un'isola.
E infatti lo era. Milioni di anni fa era una isoletta del mar Tirreno. Poi, sapete com'è, col gioco dei depositi alluvionali dei fiumi laziali e l'alzarsi e abbassarsi del livello del mare, la costa ha raggiunto il Monte.

Dopo queste peripezie geologiche, in tempi più vicini a noi, è stato l'habitat di piante, animali e anche di Neanderthaliani.
Lo sappiamo per certo perché nel 1939, in una delle sue numerose grotte, la Guattari, il paleontologo Alberto Carlo Blanc, ha scoperto un cranio, di uomo di Neanderthal, appunto.


Analizzandolo per bene, si è scoperto che il foro alla base, dove si innesta la colonna vertebrale, era stato forzato e allargato. Come se, per ipotesi, qualcuno avesse voluto prelevare il cervello, proprio come fanno i cannibali per mangiarselo.
Una ipotesi da far accapponare la pelle che, come tutto quello che incute terrore, prese piede subito.

Passati cinquant'anni, nel 1989, studi più attenti hanno fatto notare che i graffi, segni e morsi, sono compatibili con quelli di una iena, che avrebbe banchettato con la testa del povero neanderthal.
La comunità scientifica è unanime su questa versione.
Le pietre trovate in cerchio attorno al teschio sarebbero solo un caso o, una messa in scena di qualcuno per dare peso a questa versione che cattura facilmente l'attenzione di una platea distratta.
Sapete come vanno le cose, il Parco Nazionale era stato da poco istituito per salvaguardare quello che rimaneva delle paludi, delle dune, della macchia, nella piana pontina da poco bonificata.

Recentemente una persona si è mostrata scettica sull'opinione corrente, lo scrittore vivente più famoso dell'Agro Pontino, Antonio Pennacchi, che con la sua ottima penna, acuta e spesso velenosa, ha riproposto con veemenza la tesi del cannibalismo, con il suo libro "Le iene del Circeo"  (Laterza) tirandosi dietro le ire della comunità scientifica tutta.


Il povero Neanderthal sarà stato ucciso e mangiato da un "collega" o da una iena? O entrambe le cose?

Un motivo in più per visitare il Parco Nazionale del Circeo con occhio diverso
magari con noi

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mercoledì 24 settembre 2014

Una domenica nei Simbruini

L'escursione di Domenica nei Simbruni


Come pianificato domenica scorsa siamo andati a raggiungere la cima del Monte Tarino.


A dire il vero l'escursione, programmata da tempo, è stata in forse fino all'ultimo. Fino alle 13 del Sabato, infatti, si erano prenotati solo 2 soci, più un terzo in forse...
Il meteo ballerino durante la settimana aveva dato in alternanza nuvole, pioggia o sole. Forse questo non ha aiutato.
Sabato mattina a Roma cadeva la pioggia.

Tutto lasciava presagire una gita annullata, quando spunta il sole in città.


Quindi segue una raffica di chiamate fino al pomeriggio.
Siamo arrivati così a formare un gruppo di una quindicina di persone.

Il percorso si snoda nel Parco Naturale Regionale dei Simbruini, al confine tra Lazio e Abruzzo. Uno dei più estesi della regione ed anche dei più alti. Come praticamente tutto l'Appennino, è di origine carsica, pieno di grotte e cavità naturali. D'inverno è ideale per belle uscite di sci-escursionismo e ciaspole.

Domenica sul presto arriviamo a Campo Rotondo, dopo una breve sosta al famoso bar di Cappadocia.

Campo Rotondo

Purtroppo al momento di prepararsi, uno dei soci scopre di avere dimenticato gli scarponi a casa!
Era uno degli autisti, non può più venire con noi in gita. Per fortuna c'è modo stringerci un po' nelle altre macchine e può tornare a Roma senza doverci aspettare fino al pomeriggio.

Si cominicia, in discesa, lungo la sterrata che porta al Santuario della S.S. Trinità, salvo uscire per una scorciatoia ed arrivare al confine tra Vallepietra (RM) e Cappadocia (AQ), proseguiamo per il Fosso Fioio, fino al punto più basso della escursione (1250) e si comincia a salire.
La Langara e le sue mucche

Faggio
Attraversiamo la bella valle della Langara, ricca si acqua, di fontanili e verdissima. Troviamo alcune mucche tranquille al pascolo, ma nessun cavallo come le altre volte.
Proseguiamo ancora per il Fontanile Campitelli e ci inoltriamo nel bosco per la salita di giornata.

Il sentiero nel bosco è ben segnato dalle familiari tracce bianco rosse del CAI.
Sulla salita, nelle radure di bosco aperte al sole, spuntano moltissime piantine di fragole di bosco, ma di queste nemmeno l'ombra. Li per li pensiamo che la stagione piovosa e poco calda ne abbia rallentato la crescita.

Saliamo un altro poco e incontriamo un grosso gruppo di escursionisti un po' rumorosi, sono del CAI di Latina: ecco chi ha razziato tutte le fragole!
Sono più lenti di noi e cerchiamo di superarli nel momento di una loro pausa, non ci riusciamo tutti, visto che il sentiero è stretto. Decidiamo di farli passare e accodarci, almeno fino al Pozzo della Neve, dove il bosco finisce e la vista sul Tarino è magnifica.

Non ci fermiamo più di tanto e proseguiamo per la vicina cima con l'ultimo sforzo.
Il tempo imbruttisce un po', le nuvole si addensano su di noi e sulla cima, tira un po' di vento ma fortunatamente non piove.
Mentre magiamo un meritato panino, riposiamo un po' e godiamo il panorama che compare e scompare sulla bella valle di Campo Ceraso.

Discesa dal Tarino
Si scedende un piccolo pezzetto per la stessa via dell'andata, ma prima di arrivare al Pozzo della Neve, si svolta a destra per il Vallone Ciociaro, boscosissimo, che ci porta fino al Campo Ceraso. E' segnato, ma poco, con delle vecchie tracce di bomboletta spray rosse e gialle, con del nastro bianco-rosso ormai sbiadito, ed il sentiero coperto di foglie è appena visibile.
Con nostra gioia, nella parte finale attraversiamo dei prati pieni di fragoline! Si vede che qui passano in pochi.


Cippo di confine
Seguiamo la sterrata di Campo Ceraso fino al cippo che porta a Fosso Fioio. Non lo imbocchiamo per non allungare troppo. Risaliamo un po' fino ad un secondo cippo e poi riprendiamo la sterrata che in saliscendi ci porta fino alla strada per il santuario, appena sotto le macchine, per chiudere l'anello.



Il Tarino visto dal Campo Ceraso

Alla prossima non mancate!

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mercoledì 17 settembre 2014

Da Campo Rotondo al Monte Tarino

Monte Tarino

Nel cuore dei Parco dei Monti Simbruini si innalza questa bella cima (1961) molto panoramica.

La cima del Tarino dal Pozzo della Neve
La catena dei Simbruini deriva il suo nome dal latino "sub imbribus", sotto le piogge.
Il nome non è molto beneaugurante per chi si accinge a percorrerlo a piedi, ma senz'altro è indice di una ambiente ricco di acqua e vegetazione!

La nostra vetta dunque si affaccia sul boscoso e bellissimo Campo Ceraso ed il Fosso Fioio verso Nord. Come spesso accade in Appennino, il versante Nord del Tarino scende a precipizio verticale, mentre quello a Sud degrada più dolcemente.

Tra i vari percorsi possibili, domenica 21 Settembre (2014) affronteremo la salita da Campo Rotondo di Cappadocia.

Arriveremo al confine tra Abruzzo e Lazio, seguiremo il Fosso Fioio e poi risaliremo per La Langara piena di fontanili e abbeveratoi, fino al Fontanile Campitelli, solitamente meta di cavalli assetati.

Fontanile Campitelli
La salita prosegue nel bosco di faggi delle Monnelli, il tratto più impegnativo della giornata, fino a sbucare al Pozzo della Neve (1800) dove, oltre la quota dei faggi il paesaggio si apre.
L'ultimo sprint e si arriva in cima (1961) dove potremo osservare tutto il complesso orografico che circonda i Simbruini.

La croce di vetta del Tarino













Panorama dalla cima
La discesa avverrà per il Vallone Ciociaro, giù fino a Campo Ceraso, dove una strada sterrata, ci riporterà verso Campo Rotondo.

Ecco il percorso su Google Earth

Da Campo Rotondo al Monte Tarino